Le Nebulose Planetarie 1


I FIORI DELLO SPAZIO

LE NEBULOSE PLANETARIE OSSERVATE DAL BALCONE DI CASA

di Eliana Ghezzi e Alessandro Mezzera



INTRODUZIONE


Come i fiori appaiono bellissimi, per un breve periodo prima di appassire, generando al contempo nuova vita, così le nebulose planetarie sbocciano, nello spazio, generate da una stella per durare un battito di ciglia nell'immensità del tempo, arricchendo però il mezzo interstellare di elementi chimici necessari per la nascita di nuove stelle e nuovi mondi. 
Il presente articolo vuole essere un contributo di due appassionati Astrofili che hanno iniziato le osservazioni astronomiche non molto tempo fa e che quasi per caso hanno incontrato questi splendidi oggetti astronomici che sono le nebulose planetarie.
Abbiamo quindi iniziato una osservazione più metodica, studiando su libri e articoli la natura questi oggetti e abbiamo utilizzato, per la loro osservazione, quegli strumenti a disposizione del comune osservatore appassionato, non certo strumenti professionali, ma alla portata di tutti e vogliamo quindi descrivere le nostre esperienze I nostri entusiasmi affinché magari altre persone possano essere interessate all'osservazione del cielo. La prima osservazione di una nebulosa planetaria la effettuammo a Selvino, un ameno paese di montagna in provincia di Bergamo a circa 1000 m d'altezza nel luglio del 2018. Eravamo alla ricerca, consultando sul nostro pc portatile il planetario elettronico Stellarium, di oggetti da fotografare verso est e, casualmente, individuammo questo oggetto denominato M27 (dal catalogo redatto dall'astronomo Charles Messier nel 1774), che attirò la nostra attenzione.
Avevamo a disposizione un telescopio Evostar ed72 Skywatcher e una camera Cmos QHY183C, il tutto su una montatura Skywatcher Azeq6; il programma di elaborazione Astroart 5
Puntammo quindi la camera in direzione di M27.
Subito al monitor del computer apparve qualcosa di fantastico direi quasi etereo.
Pochi istanti di osservazione per capire che eravamo di fronte a qualcosa, per noi, di totalmente nuovo.

L'OSSERVAZIONE AMATORIALE

A differenza dell'astronomo professionista, la cui attività è oramai quasi esclusivamente davanti ad uno schermo di computer, l'appassionato di astronomia, l'astrofilo, guarda il cielo, non importa con quale strumento, costoso od economico oppure anche semplicemente con i propri occhi. Guarda perché è affascinato dall'immensità del cosmo, dal mare di stelle e, in definitiva, perché ogni volta che solleva lo sguardo entra in comunione con l'infinito.
Dopo aver visitato il museo della Scienza e della Tecnica di Milano, dove apprendemmo delle esperienze osservative di Giovanni Virginio Schiaparelli, ci recammo nel febbraio del 2018 all'Osservatorio Astronomico di Brera. Visitammo il museo e la cupola dell'osservatorio col telescopio originale dove visse e lavorò il grande astronomo.
Successivamente, complice la conoscenza di Andrea Pastore, appassionato astrofilo di Milano, decidemmo di provare qualche esperienza osservativa.
L'attrezzatura a disposizione era una macchina fotografica digitale reflex Nikon D5100, un obiettivo da 200mm e un cavalletto.
Il 06 marzo 2018 effettuammo le prime osservazioni fotografiche.
Fissammo la Nikon sul suo cavalletto, puntammo la stella Sirioe provammo diverse combinazioni ISO e tempo di esposizione.
Ottenemmo una bella immagine con al centro Sirio bianca-azzurra splendente. Così il nostro esordio.
Tuttavia di sera in sera, osservando le stelle, si desidera vedere sempre più lontano.
Spesso, come nel nostro caso, l'osservatorio è il balcone di casa, a volte magari durante le vacanze si riesce a montare la propria attrezzatura in luoghi più bui delle nostre città; anche i città, tuttavia, è possibile osservare il cielo. Spesso in visuale non si vede granchè ma i moderni sensori CMOS o CCD vengono in soccorso all'astrofilo regalando splendide vedute di oggetti celesti, anche se sullo schermo di un computer anziché in un oculare.
Acquistammo prima un rifrattore apocromatico da 72mm di apertura e 420 mm di focale con una montatura altazimutale; in seguito arrivò la montatura equatoriale e la camera CCD.
Tuttavia il segreto è il giusto dosaggio di passione, spesa e tempo dedicato, non dimenticando mai che si tratta di un hobby e che è possibile ottenere buoni risultati anche con attrezzature poco costose.
Quello che non deve mancare mai è l'entusiasmo di scoprire qualcosa, di scorgere, ogniqualvolta si accosta l'occhio al telescopio, qualcosa che nessuno ha mai visto prima.

PERCHE' LE NEBULOSE PLANETARIE?

Nonostante il nome, non hanno niente a che fare con i pianeti: costituiscono una fase dell'evoluzione della vita delle stelle di piccola e media massa. Sono formate da nubi di gas ionizzato, dove abbondano gli elementi pesanti, come carbonio, azoto e ossigeno. Sono diverse fra loro, quasi uniche. Questa varietà di forme e colori le rende oggetti molto affascinanti sia da un punto di vista estetico che scientifico. La prima nebulosa planetaria venne osservata da Charles Messier nel 1764 ed è oggi chiamata M27.
Lo studio delle nebulose planetarie ha una doppia importanza. Prima di tutto, esse rappresentano un laboratorio unico dove studiare il comportamento della materia ionizzata (detta anche plasma) sottoposta a campi magnetici. Secondo, esse ci consentono di studiare dal punto di vista chimico la materia espulsa dalla stella nelle ultime fasi della propria vita. Questa materia, avendo subito reazioni di fusione nucleare in miliardi di anni all’interno della stella, è ricca di elementi pesanti come carbonio, azoto e ossigeno. Venendo dispersa nel mezzo interstellare, questa costituirà i mattoni fondamentali con i quali saranno costruiti nuove stelle e pianeti.
Un primo grande interrogativo sulle nebulose planetarie è che non è noto esattamente quante ce ne siano nella nostra galassia. I modelli teorici prevedono che il loro numero sia circa 20mila, ma ad oggi ne sono state osservate solo poco più di 3000. Il motivo di tale discrepanza risiede verosimilmente nel fatto che le nebulose planetarie sono difficili da osservare. Prima di tutto sono oggetti intrinsecamente deboli, secondo la maggior parte di esse giace sul piano galattico dove la presenza di grosse nubi di polvere tra noi e loro finisce per oscurarne la luce. Recentemente sono stati compiuti notevoli progressi nella loro ricerca utilizzando telescopi sensibili all’infrarosso e al radio, radiazioni che riescono a penetrare facilmente le nubi di polvere e a rivelarci cosa è nascosto dietro, e che affiancano i telescopi ottici in questa ricerca. Un’altra questione aperta riguarda la forma delle nebulose planetarie. Durante la fase Agb la stella espelle i propri strati esterni allo stesso modo in tutte le direzioni, e la nube che ne risulta è approssimativamente sferica. Di contro le forme delle nebulose planetarie sono le più varie, da ellittiche a bipolari (simili a farfalle). È chiaro che esiste un meccanismo che, agendo tra la fase Agb e la nebulosa planetaria, rompe la simmetria sferica della nube. Questo meccanismo è ancora oggetto di studi. Tra le ipotesi proposte ci sono l’interazione del gas ionizzato con il campo magnetico stellare oppure l’interazione della nube di gas e polvere con un’eventuale stella compagna.

COSA SONO LE NEBULOSE PLANETARIE

Le Nebulose Planetarie appaiono all'osservatore astronomico come evanescenti bolle cosmiche o come piccoli anelli di colore prevalentemente verde-blu, con, al centro, una stellina relativamente brillante, caratterizzata da una elevata temperatura superficiale (colore bianco o azzurro).
Il termine “planetaria” fu attribuito ne XVIII secolo, più precisamente nel 1779, da Antoine Darquier de Pellepoix, un astronomo francese.
Nelle sue “ Osservazioni Astronomiques Faites Toulouse” (Avignone 1777), descrisse la sua osservazione di una “ring nebula” (nebulosa ad anello), “tra Gamma e Beta Lyrae, grande come Giove e assomiglia ad un pianeta che sta scomparendo”.
A lungo gli astronomi non ne compresero la vera natura.
Di là dal nome e dalle apparenze, oggi sappiamo che non esiste alcuna relazione fisica tra i corpi del nostro Sistema Solare e questi effimeri oggetti stellari i quali rappresentano invece uno stadio transitorio dell'evoluzione di quasi tutte le stelle con massa compresa tra 0,8 e 9 volte la massa solare.
Vediamo come: Il vento stellare generato da una stella evoluta allo stadio di gigante rossa (RGB) produce una vasta nebulosa circumstellare fredda di massa apprezzabile.
Spesso la perdita di massa continua fino a quando il nucleo caldo della stella è esposto e che il vento stellare proveniente dalla stella residua collide con la nebulosa circumstellare, producendo un guscio relativamente denso di gas che aumenta in massa e raggio.
Le regioni centrali ad alta temperatura allontanano il guscio esterno della stella mediante un vento stellare intenso, della durata di alcune migliaia di anni.
Quando il processo è completo, ciò che rimane del nucleo viene scoperto e riscalda i gas ormai lontani e li fa risplendere in quanto ionizzato dalla radiazione dalla stella centrale e rendendo visibile la nebulosa planetaria.
Le stelle di piccola e media massa non raggiungono mai una temperatura sufficientemente alta per innescare la fusione del carbonio prodotto nel nucleo dalle reazioni nucleari degli elementi più leggeri, ma attraversano una fase evolutiva chiamata “ramo asintotico delle giganti” (AGB), caratterizzata dall’espulsione degli strati più esterni della stella tramite forti venti che si espandono e formano la nebulosa. Il nucleo stellare inizia a contrarsi ed aumenta la sua temperatura, provocando l’emissione di radiazione ultravioletta che ionizza l’involucro circumstellare.
Questo involucro di gas assorbe la radiazione UV ed emette uno spettro dominato da linee di ricombinazione e proibite.
Quando la fusione dell’idrogeno nel guscio che circonda il nucleo termina a causa delle reazioni nucleari, la stella centrale si raffredda gradualmente per diventare una nana bianca.
In queste condizioni la radiazione proveniente dalla stella centrale non `e più in grado di ionizzare la nube di gas, ponendo fine all’emissione da parte della PN. La Nebulosa Planetaria rappresenta quindi una fase, anche molto beve (10⁵ anni) su scala cosmica, della vita di stelle non troppo dissimili dal nostro sole, il quale tra alcuni miliardi di anni potrebbe anche esso produrre una nebulosa planetaria, muta testimone di un Sistema Solare che non esisterà più.

EVOLUZIONE DELLE STELLE DI PICCOLA E MEDIA MASSA

Nella prima fase della vita di una stella avviene il processo di bruciamento dell'idrogeno nel nucleo e la stella appartiene alla sequenza principale del diagramma HR per un tempo di vita inversamente proporzionale alla massa iniziale. Quando tutto l'idrogeno nel nucleo è stato convertito in elio, il nucleo inizia a contrarsi, facendo aumentare l'energia interna e dunque la pressione e la temperatura del gas; si forma in queste condizioni un guscio di gas attorno al nucleo di elio in cui avviene il bruciamento dell'idrogeno. In questa fase la stella raggiunge il ramo delle giganti rosse (RGB): gli strati esterni della stella si espandono a causa della forte pressione di radiazione proveniente dalla zona di bruciamento dell'idrogeno; espandendosi, essi si raffreddano e appaiono di colore tendente al rosso. A causa della continua contrazione, invece, il nucleo raggiunge la temperatura di 10⁸ K che permette il bruciamento dell'elio. Quando anche l'elio è tutto bruciato, si è formato un nucleo di carbonio e ossigeno in stato degenere (particolare stato della materia, caratterizzato da una densità estremamente elevata, tanto che il maggior contributo alla sua pressione è dato dal Principio di esclusione di Pauli); questo nucleo non raggiunge una temperatura sufficiente per la fusione di C e O in elementi più pesanti, ma si contrae a causa della forte pressione, detta pressione di degenerazione. Alla contrazione del nucleo corrisponde un'espansione degli strati esterni e la stella entra nel ramo asintotico delle giganti (AGB), una fase che dura ∼ 10⁶ anni. Durante questa fase la maggior parte dell'energia è fornita dalla fusione dell'elio, che avviene in uno strato attorno al nucleo e che va ad aumentare la quantità di carbonio e ossigeno al centro; questa fase è chiamata early-AGB. Il nucleo aumenta in densità e pressione e continua a contrarsi, mentre il guscio convettivo di idrogeno ed elio si espande verso l'esterno; quando i moti convettivi raggiungono la zona di bruciamento dell'elio, che sta attorno al nucleo, gli elementi presenti vengono mescolati e portati in superficie in un fenomeno chiamato dredge-up. Tra questi materiali è prevalente la presenza di elio, derivato da bruciamento dell'idrogeno, e di azoto, in cui carbonio e ossigeno vengono convertiti a seguito di un ciclo di reazioni chiamato "ciclo CNO"; elio e azoto raggiungono la superficie esterna e risultano quindi visibili nello spettro della stella.
II tempo di vita delle stelle nella fase AGB `e controllato dalla espulsione di massa dalla superficie tramite vento stellare. Tale fase termina con la completa rimozione dello strato esterno di idrogeno attraverso il processo di perdita di massa, guidato da pulsazioni termiche combinate con la pressione di radiazione; questo causa una riduzione in dimensioni della stella che mantiene la sua luminosità pressoché costante grazie alla zona di bruciamento di H. Quando la temperatura della stella supera i 30000 K, si sviluppa un debole vento causato dalla pressione di radiazione UV che ionizza l’involucro di gas circostante, il quale emette righe di ricombinazione e proibite rendendo così visibile la nebulosa planetaria.
la nebulosa planetaria rappresenta un riassetto del materiale espulso in un lungo periodo di tempo, formata come risultato dell’interazione tra un debole vento stellare proveniente dalla stella AGB e un rapido vento sviluppatosi nella stella centrale che comprime e accelera l’involucro circumstellare della stella AGB. Il rapido vento stellare non interagisce direttamente con l’involucro di gas emesso nella fase AGB. Se la maggior parte dell’energia cinetica viene trasformata in energia termica nel punto in cui si verifica lo scontro tra il vento stellare e lo strato esterno di gas, si forma una regione di gas ad alte temperature denominata ’bolla’, che comprime il materiale precedentemente espulso in un anello molto denso (shell). Poiché sono presenti tre componenti (il debole vento, il rapido vento, anello denso espulso), si formeranno due fronti d’urto: un fronte d’urto piu` interno dovuto al rapido vento proveniente dalla stella centrale, una regione intermedia in cui `e presente un anello di gas compresso e un fronte d’urto più esterno dovuto al debole vento scaturito dalla stella nella fase AGB.


Disegno di Alessandro Mezzera - Gennaio 2019

La nebulosa planetaria rappresenta una breve fase ( ∼ 10⁴ anni) dell’evoluzione stellare tra il ramo asintotico delle giganti (AGB) e le nane bianche. Le stelle centrali delle nebulose planetarie sono ciò che rimane dei nuclei degeneri di C-O delle stelle AGB, che hanno perso la maggior parte dell’involucro di H dovuto alla perdita di massa nella fase AGB. Le stelle centrali continuano a produrre la loro energia attraverso il bruciamento della shell di idrogeno ed evolvono con luminosità costante da basse ad alte temperature nel diagramma H-R. Quando il loro involucro di idrogeno `e consumato dalla combinazione di reazioni nucleari e perdita di massa, la loro luminosità inizia a decrescere e le stelle centrale gradualmente si raffreddano per entrare nella fase di nana bianca (∼ 10⁹ anni) .

LE NOSTRE ESPERIENZE OSSERVATIVE

Le nostre osservazioni sono state programmate e condotte al fine di analizzare i seguenti aspetti:
-le dimensioni apparenti;
-la forma;
-la descrizione dei contorni;
-la presenza di strutture come nodosità, filamenti, striature, o l'assenza di particolari evidenti;
-l'individuazione di tracce di debole nebulosità all'esterno del corpo principale;
-la stima della magnitudine totale della planetaria raffrontata con la sua stella centrale;
-l'analisi di possibili variazioni di luminosità;
-il colore della nebulosa;
le variazioni cromatiche sono determinate dai diversi gradi di ionizzazione dei vari strati: il colore verde indica la presenza dell' OIII (Ossigeno doppiamente ionizzato), mentre nelle zone più esterne dove l'ossigeno è ionizzato una sola volta le linee spettrali dominanti verdi dell' OIII sono assenti; il colore rosso è invece prodotto dalla riga dell'idrogeno H-alfa e da quella proibita dell'Azoto ionizzato.
La stella centrale, la cui visibilità è determinata come la trasparenza del cielo e la stabilità dell'atmosfera.

M27 NEBULOSA MANUBRIO (DUMBBELL NEBULA)

E' la prima Nebulosa Planetaria osservata da noi nel luglio di quest'anno; la ritroviamo in gennaio questa volta con una osservazione preparata; utilizziamo il telescopio Celestron C11 con riduttore di focale e camera Cmos QHY 183 C.
Quando si osserva dal balcone si è limitati perché parecchi ostacoli limitano la visuale.
Verso Nord Ovest, tra dicembre e gennaio nè molto ben visibile nelle ore precedenti la mezzanotte e quindi ne approfittiamo.
L'osservazione di M27 ha accompagnato le nostre prime esperienze osservative ma anche le esperienze di stazionamento e puntamento della montatura e, come vedremo, ci sarà un buon progresso nella qualità delle immagini, e, di conseguenza, nella nostra possibilità di analisi e valorizzazione dei dati.
La Nebulosa Dumbbell, nota anche come Messier 27 (M27), è una grande nebulosa planetaria situata nella costellazione di Vulpecula. La nebulosa si trova ad una distanza di 1.360 anni luce dalla Terra. A volte è anche chiamata Apple Core Nebula o Diablo Nebula, e ha la denominazione NGC 6853 nel Nuovo Catalogo Generale. La Nebulosa Dumbbell fu la prima nebulosa planetaria a essere scoperta. Charles Messier l'ha incluso come M27 nel suo catalogo di oggetti del cielo profondo nel 1764.


Immagine di M27 ottenuta dalla media di 52 scatti da 60” cad. con 9 dark frames.
Riprese effettuate il 02 e 03 gennaio 2019.

M27 è una delle quattro nebulose planetarie inserite nel catalogo di Messier. Le altre tre sono Messier 57 (Nebulosa Anello, Ring Nebula) in Lyra, Messier 76 (Piccola Campana Muta, Little Dumbbell Nebula) in Perseus e Messier 97 (Nebulosa Gufo, Owl Nebula) nell'Orsa Maggiore. Messier 27 è una nebulosa piuttosto giovane, con un'età stimata di 15.000 anni.
L'età stimata di M27, calcolata in base al tasso di espansione della nebulosa fino a 2,3" al secolo, è di 14.600 anni o più giovane. La Nebulosa Dumbbell, che si estende per 15 minuti d'arco alle sue più deboli estensioni, è la seconda più grande nebulosa planetaria conosciuta, di dimensioni più piccole rispetto alla famosa Nebulosa Elica (NGC 7293), situata nella costellazione dell'Acquario. Tuttavia, l'Elica ha una luminosità superficiale significativamente più bassa in conseguenza
dell'estensione.La stella centrale, una nana bianca nella Nebulosa Dumbbell, ha una magnitudine visiva di13,8 e una magnitudine assoluta di circa 6, un terzo del Sole. La stella ha una temperatura superficiale di circa 85.000 K. Può avere un debole compagno giallo di magnitudine 17. Se esiste, il compagno ha una magnitudine assoluta di circa 9-9,5, il che significa che è circa 100 volte più debole del Sole. M27 contiene diversi nodi scuri e luminosi nella sua regione centrale come molte altre nebulose vicine, tra cui la Nebulosa Elica e la Nebulosa Esquimese in Gemelli. I nodi variano per dimensioni e aspetto. Il guscio di gas della Nebulosa di Dumbbell si sta espandendo ad una velocità di 17 miglia o 31 chilometri al secondo. La nana bianca continuerà a riscaldarlo per miliardi di anni, fino a quando non esaurirà la sua riserva di energia e diventerà una nana nera. Altre misurazioni indicano che la parte luminosa della nebulosa si sta espandendo ad una velocità di 6.8 secondi d'arco al secolo, il che metterebbe l'età della nebulosa tra i 3.000 e 4.000 anni.
Una stella variabile, conosciuta come la variabile Goldilocks, è stata scoperta nelle regioni più esterne della Nebulosa Dumbbell. È stato individuato per la prima volta da Leos Ondra, che ha confrontato diverse immagini di M27 e ha scoperto che la stella appariva in alcune di esse, ma non in altre.

M 58 NEBULOSA ANELLO (RING NEBULA)

La Nebulosa Anello in Lyra è forse la classica nebulosa planetaria. Curtis la chiama "ben nota e complessa". Il termine Ring, che semplicemente significa "anello", viene da William Herschel. La Nebulosa Anello fu trovata nel 1779 prima che Herschel annunciasse la sua scoperta della prima delle sue "nebulose planetarie" (NGC 7009) nel 1785, e fu aggiunta successivamente alla categoria.

M57 Ring Nebula 
I colori stratificati rivelano radiazioni da diversi elementi chimici in diversi stadi di ionizzazione, blu da elio ionizzato, giallo-verde da ossigeno doppiamente ionizzato, rosso da azoto ionizzato. La stella centrale è appena visibile al centro.
La distanza della Nebulosa Anello di circa 2300 anni luce. Le dimensioni angolari di questo oggetto ellittico di 86 X 62 secondi di arco (un "secondo" è 1/3600 di grado) si traducono in dimensioni reali di 0,95 X 0,7 anni luce. L'asse lungo quindi rappresenta il 20 % del tragitto Sole - Alpha Centauri. La nebulosa, che si espande ad una velocità di circa 30

Ring Nebula 
chilometri al secondo, è illuminata dalla luce ultravioletta della stella di 16° di magnitudine (15,7) al centro, che ora è una nana bianca nascente, ancora molto calda, con una temperatura di circa 150.000 Kelvin e una luminosità circa 500 volte quella del Sole. Sembra debole solo perché la maggior parte della sua luce è irradiata nell'ultravioletto. I gusci esterni prodotti dalla perdita di massa nella stella gigante che ha creato la nebulosa si estendono quasi il doppio rispetto a quanto visto qui, rendendo l'intero sistema di quasi due anni luce di diametro. L'immagine seguente mostra la nebulosa Anello con i gusci esterni.

M57 con il guscio esterno - C11 Sbig stf 8300m - novembre 2019







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